COMUNICAZIONI APPLE 14 marzo 2019

In risposta alle affermazioni di Spotify

Crediamo che la tecnologia raggiunga il suo vero potenziale solo quando è accompagnata da creatività e ingegno. Da sempre, realizziamo i nostri dispositivi, software e servizi per aiutare artisti, musicisti, creatori e visionari a fare ciò che sanno fare meglio.
Sedici anni fa abbiamo lanciato iTunes Store con l’intento di creare un luogo affidabile in cui gli utenti potessero scoprire e acquistare musica sensazionale, e i creatori venissero trattati in modo equo. Il risultato ha rivoluzionato l’industria musicale: l’amore per la musica e per chi la crea è profondamente radicato in Apple.
Undici anni fa, l’App Store ha portato la stessa passione per la creatività nelle app per dispositivi mobili. Nei dieci anni seguenti, l’App Store ha aiutato a creare milioni di posti di lavoro, ha fatto guadagnare agli sviluppatori più di 120 miliardi di dollari e ha dato vita a nuovi settori attraverso aziende nate e cresciute interamente nell’ecosistema dell’App Store.
L’App Store è una piattaforma sicura, perché gli utenti possono fidarsi delle app che trovano e delle transazioni che eseguono. E gli sviluppatori, dai programmatori alle prime armi alle realtà di grandi dimensioni, possono stare certi che tutti rispettano le stesse regole.
Ed è così che dovrebbe essere. Vogliamo che le aziende che sviluppano app crescano, anche quelle che competono con noi in alcuni ambiti del nostro settore, perché ci spingono a fare sempre meglio.
Quello che chiede Spotify è qualcosa di totalmente diverso. Dopo aver usato per anni l’App Store per far crescere in modo considerevole il proprio business, Spotify cerca di mantenere tutti i vantaggi dell’ecosistema dell’App Store, inclusi i sostanziali profitti provenienti dai clienti dell’App Store, senza dare nulla in cambio. Allo stesso tempo, distribuisce musica offrendo contributi bassissimi agli artisti, ai musicisti e ai cantautori che creano questa musica, spingendosi fino al punto di portarli in tribunale.
Spotify ha tutto il diritto di stabilire un proprio modello di business, ma noi ci sentiamo in obbligo di rispondere quando avvolge le sue motivazioni finanziarie con una retorica fuorviante su chi siamo noi, su ciò che abbiamo creato e su quello che facciamo per supportare sviluppatori, musicisti, cantautori e creatori indipendenti di ogni tipo.
Per questo vogliamo rispondere ad alcuni punti chiave:

Spotify afferma che gli stiamo impedendo di accedere a prodotti e aggiornamenti per la sua app.

Chiariamo subito questo punto. Abbiamo approvato e distribuito quasi 200 aggiornamenti per conto di Spotify, per un totale di oltre 300 milioni di download dell’app Spotify. Le uniche eccezioni riguardano i casi in cui gli aggiornamenti includono tentativi da parte di Spotify di aggirare le stesse regole a cui si conformano tutte le altre app.
Abbiamo lavorato spesso con Spotify per aiutarla a portare il suo servizio su più dispositivi e piattaforme:
  • Quando, in svariate occasioni, ci siamo messi in contatto con Spotify riguardo al supporto per Siri e AirPlay 2, ci è stato detto che ci stavano lavorando, e noi restiamo pronti ad aiutarli laddove possibile. 
  • Spotify è profondamente integrata in piattaforme come CarPlay e ha accesso agli stessi strumenti e alle stesse risorse per lo sviluppo di app disponibili per gli altri sviluppatori. 
  • Ci stupiscono ancora di più le affermazioni di Spotify relativamente a Apple Watch. Quando Spotify ci ha sottoposto la sua app per Apple Watch a settembre 2018, l’abbiamo esaminata e approvata con lo stesso procedimento e le stesse tempistiche di qualsiasi altra app. Infatti, l’app Spotify per Apple Watch è attualmente al primo posto nella categoria Musica.
Spotify è libera di sviluppare app per i nostri prodotti e le nostre piattaforme, e di entrare in concorrenza con noi. E noi speriamo che lo faccia.

Spotify vuole tutti i vantaggi di un’app gratuita senza che sia gratuita.

Per l’84% delle app dell’App Store, Apple non riceve alcuna commissione per il download e l’utilizzo. Non è una discriminazione, come afferma Spotify, perché dipende dalla natura dell’app:
  • per le app che sono gratuite per l’utente, Apple non richiede alcuna commissione. 
  • Le app che generano guadagni esclusivamente tramite annunci pubblicitari, come alcune delle più note app di gioco gratuite, non pagano nulla a Apple. 
  • Le app per transazioni commerciali, che prevedono la registrazione dell’utente o l’acquisto di strumenti digitali al di fuori dell’app, non pagano nulla a Apple. 
  • Le app che vendono beni materiali, inclusi, tra i tanti, servizi di consegna a domicilio e trasporto privato, non pagano nulla a Apple.
L’unico contributo richiesto da Apple è per i beni e i servizi digitali che vengono acquistati all’interno dell’app utilizzando il nostro sistema di acquisto in-app sicuro. Come afferma Spotify, la distribuzione del profitti è pari al 30% nel primo anno di iscrizione, ma si è dimenticata di dire che scende al 15% a partire dal secondo anno. 
Questa non è l’unica informazione che Spotify ha tralasciato di puntualizzare sul funzionamento del proprio business:
  • La maggior parte dei suoi clienti usa la versione gratuita supportata dagli annunci, senza dare alcun contributo all’App Store. 
  • Una parte significativa dei clienti di Spotify proviene da partnership con operatori di telefonia mobile. In questo modo non viene generato alcun contributo per l’App Store, ma Spotify paga una commissione simile a rivenditori e operatori telefonici. 
  • Anche adesso, solo una minima parte degli abbonamenti a Spotify rientra nel modello di distribuzione dei profitti di Apple. Spotify chiede che quel numero venga azzerato.
Chiariamo il significato di tutto questo. Apple mette in contatto Spotify con i nostri utenti. Noi forniamo la piattaforma attraverso cui gli utenti scaricano e aggiornano l’app, condividiamo strumenti fondamentali per lo sviluppo di software al fine di supportare la realizzazione dell’app Spotify, e abbiamo costruito un sistema di pagamento sicuro (il che non è un impegno da poco) che fa sì che gli utenti si fidino delle transazioni in-app. Spotify chiede di mantenere tutti questi vantaggi tenendo per sé il 100% dei ricavi.
Spotify non sarebbe quello che è oggi senza l’ecosistema dell’App Store, ma ora cerca di sfruttare la propria portata per evitare di contribuire al mantenimento di quello stesso ecosistema. Noi pensiamo che sia sbagliato. 

E questo cosa c’entra con la musica? Molto.

Condividiamo l’amore di Spotify per la musica e la sua vision di condividerla con il mondo. Ci differenzia il modo in cui vogliamo raggiungere quell’obiettivo: dietro la sua retorica, l’obiettivo di Spotify è puntare a fare più soldi sfruttando il lavoro degli altri. E non sta cercando di spremere fino all’osso solo l’App Store, ma anche artisti, musicisti e cantautori.
Proprio questa settimana, Spotify ha fatto causa a dei musicisti in seguito a una decisione da parte del Copyright Royalty Board degli Stati Uniti che richiedeva un aumento delle royalty pagate da Spotify. Questo non è solo sbagliato: rappresenta un vero e pericoloso passo indietro per l’industria della musica.
L’approccio di Apple è sempre stato quello di creare più occasioni per tutti. Istituendo nuovi marketplace, possiamo creare maggiori opportunità non solo per il nostro business, ma anche per artisti, creatori, imprenditori e ogni “folle” con una grande idea. È nel nostro DNA, è il modello giusto per sviluppare nuove, grandi idee di app e, infine, è meglio per i clienti.
Siamo orgogliosi del lavoro che abbiamo fatto per aiutare Spotify a creare un business di successo che ha raggiunto centinaia di milioni di appassionati di musica, e le auguriamo di continuare a ottenere simili risultati: dopotutto, è proprio questo il motivo per cui abbiamo creato l’App Store.

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